PERCHE'ESSERE CONTRO IL NUCLEARE, soprattutto dopo il terremoto in giappone..

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view post Posted on 12/3/2011, 15:35
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di seguito articoli interessanti,diamone massima diffusione tramite catene di mail e social network. si alle energie alternative!
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La parola a Carlo Rubbia
In una recente intervista, Carlo Rubbia ( premio Nobel per la fisica ) ha dichiarato:
“Il petrolio e gli altri combustibili fossili sono in via di esaurimento, ma anche l’uranio è destinato a scarseggiare entro 35-40 anni. Non possiamo continuare perciò a elaborare piani energetici sulla base di previsioni sbagliate che rischiano di portarci fuori strada. Dobbiamo sviluppare la più importante fonte energetica che la natura mette da sempre a nostra disposizione, senza limiti, a costo zero: e cioè il sole che ogni giorno illumina e riscalda la terra”.
" Quando è stato costruito l’ultimo reattore in America? Nel 1979, trent’anni fa! Quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dallo Stato per mantenere l’arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l’uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie”.
“ Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali."
" Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell’umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l’anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso”.
“C'è un impianto per la produzione di energia solare, costruito nel deserto del Nevada su progetto spagnolo. Costa 200 milioni di dollari, produce 64 megawatt e per realizzarlo occorrono solo 18 mesi. Con 20 impianti di questo genere, si produce un terzo dell’elettricità di una centrale nucleare da un gigawatt. E i costi, oggi ancora elevati, si potranno ridurre considerevolmente quando verranno costruiti in gran quantità. Basti pensare che un ipotetico quadrato di specchi, lungo 200 chilometri per ogni lato, potrebbe produrre tutta l’energia necessaria all’intero pianeta. E un’area di queste dimensioni equivale appena allo 0,1 per cento delle zone desertiche del cosiddetto sun-belt. Per rifornire di elettricità un terzo dell’Italia, un’area equivalente a 15 centrali nucleari da un gigawatt, basterebbe un anello solare grande come il raccordo di Roma”.
"I nuovi impianti solari termodinamici a concentrazione catturano l’energia e la trattengono in speciali contenitori fino a quando serve. Poi, attraverso uno scambiatore di calore, si produce il vapore che muove le turbine. Né più né meno come una diga che, negli impianti idroelettrici, ferma l’acqua e al momento opportuno la rilascia per alimentare la corrente”.
Se è così semplice, perché allora non si fa?
“Il sole non è soggetto ai monopoli. E non paga la bolletta. Mi creda questa è una grande opportunità per il nostro Paese: se non lo faremo noi, molto presto lo faranno gli americani, com’è accaduto del resto per il computer vent’anni fa”. (30 marzo 2008)

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Il bluff del nucleare italiano
Scritto da Walter Mancini (articolo del 2008 ma molto attuale)
Inesorabile, costante e ripetitivo. E’ in questa maniera che la grande stampa affronta il rilancio dell’energia nucleare nel nostro Paese. I giorni scorsi sono stati un continuo martellante di esternazioni, articoli e dichiarazioni.
Tutto ha preso il via con l’intervento del Premier all’inaugurazione del rigassificatore a Rovigo, al quale sono seguite altre dichiarazioni del Ministro Scajola.
Perciò credo non siano state per nulla casuali le due pagine uscite lunedì scorso sul Corriere della Sera relative alla possibile riattivazione della centrale di Caorso. Una centrale avviata nel 1981 e fermata nel 1986.
Allora ecco il primo punto di riflessione politica. Sono tra quelli che pensano che in Italia avremo una ripresa forte delle mobilitazioni contro il nucleare a partire dall’individuazione dei siti.
Il governo di centro destra ha già detto che le località nelle quali costruire, riattivare le centrali nucleari verranno rese note non prima del 31 dicembre 2008. Ovviamente in testa ai pensieri di Scajola frullano su tutte due località. Caorso e Montalto di Castro.
Questo perché in Italia è ancora in vigore, nel senso che mai è stata modificata, la famosa “Carta dei siti” redatta dall’ENEA nel 1979 con la quale si indicavano le possibili zone in cui localizzare le centrali.
Ma c’è di più. I criteri per l’ubicazione delle centrali atomiche non hanno subito grandi variazioni e richiedono almeno tre peculiarità fondamentali.
La vicinanza a grandi quantità di acqua per permettere il raffreddamento dei reattori, Caorso è praticamente sul Po, anche se la portata del fiume negli ultimi anni si è andata riducendo drasticamente; Montalto di Castro è praticamente dentro il mare.
Tutte e due le aree non presentano rischi sismici, inoltre altro criterio richiesto è la vicinanza a grandi porti perché una parte dei macchinari dev’essere importata via mare, soprattutto per quanto rigurarda la componentisca pesante. Il contenitore del reattore finlandese è stato costruito in Giappone ed è trasportabile soltanto via mare. Montalto di Castro è veramente vicinissimo al porto di Civitavecchia.
Tenendo presente questi fattori bisogna iniziare a formare una nuova coscienza popolare contro il nucleare, respingendo con scienza e coscienza i tentativi di chi cerca di “…bonificare un’opinione pubblica devastata da un’irresponsabile campagna di disinformazione…”. evidenziando fin da subito alcune punti.
Il primo: non è per nulla vero che l’energia nucleare ci libera dalla servitù delle fonti fossili.
Su questo un solo esempio. La Francia produce il 78% di energia elettrica da fonte nucleare, ma allo stesso tempo consuma e importa più petrolio dell’Italia che non produce un singolo chilowattora dall’atomo.
Ormai è opinione scientificamente diffusa che l’anidride carbonica emessa nel ciclo completo di un impianto nucleare corrisponde grosso modo al 40% di quella prodotta dal funzionamento, per un periodo equivalente, di una centrale di pari potenza a gas naturale. Nel calcolo non è però compresa l’energia necessaria per lo stoccaggio finale dei rifiuti. Quindi l’opzione nucleare uguale a emissione zero va contrastata con forza e determinazione perché non veritiera.
Il secondo: la produzione di energia elettrica da nucleare non è altro che una foglia di fico e non risolve granchè dei problemi energetici nazionali, ma avrà costi esorbitanti.
Tale produzione infatti sarà del 4,5% (cioè il 25%, tanto sarà la produzione di energia elettrica italiana utilizzando l’atomo, del 18% complessivo attuale dato dal fabbisogno energetico del Paese).
Ma il 4,5% di energia elettrica non potrebbe essere facilmente raggiunto con un uso attento e mirato delle fonti energetiche alternative e rinnovabili? La percentuale mi permetto di sostenere sarebbe veramente a portata di mano con un piccolissimo sforzo di volontà politica.
Qui il terzo e ultimo punto. Investire 30 miliardi di Euro sull’atomo non finisce per dirottare soldi a una fonte energetica in via di esaurimento (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica –AIEA- già in uno studio del 2001 segnalava che le riserve di uranio fissile andavano esaurendosi entro il 2035), per nulla sicura per la salute dei cittadini e per la coesistenza pacifica nel mondo, il nucleare appunto, e per toglierli ad uno sviluppo praticabile delle fonti alternative eolico e solare in primis?
Io ritengo di si. Per questo penso che veramente c’è bisogno del Piano Energetico Nazionale, ma non quello annunciato da Berlusconi che verrà redatto entro la primavera del 2009, bensì il Piano che l’Europa ci chiede con la direttiva sulle fonti alternative in discussione al Parlamento Europeo.
Penso che iniziare a pensare a un Piano di questo genere possa essere il primo concreto passo in avanti per la costruzione di una nuova coscienza popolare a tutela dell’ambiente, della salute e che sia rispettosa della pace e del clima.

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Su iniziativa delle maggiori associazioni ambientaliste è iniziata la costituzione del Comitato nazionale per il Si al referendum sul nucleare.
La discussione sull’opportunità del referendum è ormai alle spalle. Il referendum per abrogare la legge 99/2009 che vuole reintrodurre il nucleare in Italia ci sarà. Infatti è stato ammesso dalla Corte e quindi entro il 15 giugno, a meno di elezioni anticipate, le italiane e gli italiani dovranno pronunciarsi sul quesito referendario.
La forzatura del Governo italiano, che ha fatto approvare al parlamento la legge 99/2009 con il voto di fiducia e in spregio all’esito dei referendum del 1987, ha l’appoggio della lobby affaristica che vuole ad ogni costo investire in un affare di almeno 30 miliardi di euro per soli 4 reattori.
Come hanno detto 200 imprenditori che hanno firmato un appello, se il nostro paese investirà nel nucleare non avrà le risorse per fare altre scelte. Non a caso Enel, capofila italiano della lobby nuclearista, ha venduto parte delle sue rinnovabili per fare cassa in vista dell’investimento nucleare. Non a caso è in corso un attacco agli incentivi per le energie da fonti rinnovabili, che prelude alla richiesta di sostegni al nucleare.
Eppure le energie rinnovabili offrono importanti opportunità occupazionali, di innovazione, di investimenti distribuiti che sul modello della Germania valgono 15/ 20 volte i risultati occupazionali ottenibili con il nucleare e potrebbero anche consentire all’Italia di rispettare entro il 2020 gli impegni presi con l’Europa (20/20/20) per contrastare il cambiamento climatico.
Energie rinnovabili e nucleare sono 2 scelte alternative tra loro.
Inoltre il nucleare è pericoloso non solo per gli incidenti ma anche nel funzionamento normale. Gli incidenti di Chernobyl in Ucraina e di Three miles Island negli Usa hanno segnato pesantemente quei territori e hanno rilasciato i loro veleni anche su grandi aree del mondo. Non è vero che oggi non ci sono più incidenti nelle centrali, semplicemente non ne vengono date le notizie. Certo, per fortuna, non hanno avuto la gravità di quelli citati ma di qui a dire che le centrali sono sicure ce ne corre. Ambiente circostante delle centrali e salute sono a rischio e troppo spesso le notizie degli incidenti vengono nascoste per non allarmare le popolazioni interessate. Popolazioni e lavoratori sono coinvolti dalle conseguenze delle radiazioni anche durante il normale funzionamento delle centrali nucleari, come dimostrano ad esempio studi tedeschi e francesi sull’aumento delle leucemie nei bambini (oltre 3 volte) in rapporto alla distanza dalle emissioni. Del resto le emissioni sono il problema non risolto anche per le scorie radioattive, di cui nessun paese al mondo fino ad ora ha risolto il problema dello smaltimento in sicurezza. Così le aree delle centrali restano contaminate per tempi lunghissimi. Questo la dice lunga sul rapporto che si verrebbe a stabilire con le future generazioni che verrebbero condannate a convivere per centinaia, migliaia di anni con gli effetti delle scorie e delle aree contaminate.
Il nucleare è una scelta sbagliata, che non darebbe neppure energia elettrica a costi inferiori come promettono a vanvera i nuclearisti.
Occorre fermare questa scelta. Il referendum può essere l’occasione per farlo a condizione che proceda la costruzione di un fronte ampio e unitario, proseguendo il lavoro fin qui fatto. L’Italia dei valori ha promosso il referendum, tuttavia ora riconosce che occorre una dimensione molto più ampia e diversa da quella originale immaginata, al punto da chiedere contributi al Comitato per il SI e da offrirgli sostegno proprio perché raggruppa tutte le altre forze interessate a fare prevalere il Si per fermare il nucleare. Ognuno con le sue forze, caratteristiche, originalità. Tutti insieme per arrivare al difficile quorum del 50 % più 1 di votanti e per fare prevalere la cancellazione di questa legge irresponsabile che il Governo ha voluto ad ogni costo. Matteoli ha affermato che se si aspettano le Regioni le centrali nucleari non si faranno mai. Ha ragione. Per questo il Governo ha cercato di escludere le Regioni dal persorso, ma ora la Corte Costituzionale ha reintrodotto l’obbligo di acquisire il loro parere, anche a parziale correzione delle forzature istituzionali contenute nella legge 99/2009 che arriva alla militarizzazione dei siti prescelti e a tagliare fuori i Comuni e le popolazioni interessate da qualunque diritto di espressione.
Fare il quorum e fare vincere il Si al referendum è assolutamente necessario, insieme alla vittoria per garantire l’acqua bene pubblico, del resto si votano tutti i referendum lo stesso giorno.

Alfiero Grandi

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-Va quindi rifiutato per le seguenti ragioni
1. l’uranio non è una risorsa né rinnovabile né sostenibile, limitata nelle quantità e nel tempo, che per di più ha visto i suoi costi aumentare in modo vertiginoso.

2. non è affatto senza emissione di CO2 perché ne produce per l’estrazione del combustibile, durante la costruzione della centrale e nella fase del suo smantellamento.

3. nessuno dei problemi segnalati dalla tragedia di Cernobyl è stato risolto e quindi il nucleare civile continua ad avere problemi di sicurezza per le popolazioni non risolti anche durante il funzionamento ed un enorme impatto ambientale legato alla produzione di scorie radioattive che inevitabilmente si accumulano nell’ecosistema e graveranno sulle future generazioni per migliaia di anni. Va ricordato che in presenza di impianti nucleari è obbligatorio un piano di evacuazione delle popolazioni in caso di incidente grave, con l’abbandono di ogni attività, con pesanti restrizioni per le persone come vivere sigillati in casa.

4. espone il mondo a rischi di proliferazione delle armi nucleari e al terrorismo, del resto questo è l’argomento che viene portato contro l’Iran poiché la tecnologia in uso è stata pensata per produrre plutonio e la generazione di energia elettrica ne è un sottoprodotto.
5. non è in grado di risolvere né il problema energetico né quello del cambiamento climatico, infatti le risorse di uranio, già oggi scarse, non sarebbero sufficienti di fronte ad un aumento ulteriore della domanda ed è quindi inutile sperare di aumentare la capacità installata in maniera tale da coprire una quota significativa della nuova domanda di energia, né di sostituire la quota fossile.

6. ha dei costi economici e finanziari diretti ed indiretti troppo elevati che in realtà gravano sulla società e sulle finanze pubbliche e inoltre è una tecnologia che usa e spreca enormi quantità d’acqua


7. comporta un modello di generazione di energia centralizzato, basato su centrali di elevata potenza, che non garantiscono sicurezza e tanto meno assicurano il diritto all’energia diffusa nel territorio. Infatti il nucleare è un modello che richiede sistemi di gestione autoritari, centralizzati ed antidemocratici . Non a caso le centrali nucleari civili vengono considerate come gli altri siti energetici alla stregua di siti militari.

E quindi irrealistico pensare di uscire dai fossili rilanciando il nucleare, anzi in Francia una massiccia presenza del nucleare (78%) si accompagna ad un consumo pro capite di petrolio maggiore che in Italia.

Uscire dal petrolio e dalle energie fossili e non rinnovabili senza il nucleare si può.
E’ matura, tecnologicamente ed economicamente, una scelta energetica a favore del risparmio energetico e delle energie rinnovabili che un programma di incentivi pubblici e l’utilizzo della leva fiscale possono e devono promuovere

Il paese può e deve essere più efficiente e non sprecare energia.
Questo è il primo obiettivo che ci proponiamo. Si calcola che metà dei consumi energetici italiani sono in realtà sprechi derivanti da usi poco razionali ed inefficienti dell’energia. Si può puntare molto in alto con il risparmio energetico, fino a risparmiare il 50% dell’energia oggi usata per garantire i servizi di illuminazione, riscaldamento, rinfrescamento, mobilità, usi industriali. Sono necessari interventi per aumentare l’efficienza dell’uso dell’energia e per correggere gli sprechi, sviluppando politiche di sufficienza diffusa nel territorio può portare a ridurre i consumi di energia, pur mantenendo standard elevati di vita, e per questo occorre puntare a risparmi significativi sia per il sistema economico che per il rispetto degli impegni di Kyoto, peraltro già oggi insufficienti di fronte ai cambiamenti climatici.
E’ possibile e realistico puntare all’obiettivo di procurare al paese gran parte dell’energia che gli è veramente necessaria attraverso le fonti rinnovabili.
Lo si può fare, come dimostrano le esperienze di molti paesi, Germania e Spagna in particolare incentivandone l’installazione diffusa con lo strumento del “conto energia” che ha dimostrato nei paesi che l’hanno adottato di funzionare e aumentare notevolmente la capacitaà rinnovabile installata
Sono due strade alternative:
quella del Governo non garantisce autonomia energetica al paese è antidemocratica, costosa, pericolosa per la salute delle persone e l’ambiente, oltre che poco utile per ridurre le emissioni climalteranti e ci isola dall’Europa .
La politica energetica da noi indicata invece riduce la nostra dipendenza energetica, sviluppa la ricerca e l’innovazione nelle attività produttive, fornisce i servizi energetici usando fonti rinnovabili (un barile di petrolio corrisponde ad un metro quadrato di pannello solare) che non alterano il clima e che sono diffuse sul territorio e quindi facilmente controllabili dalle popolazioni, oltre a promuovere un diverso sviluppo, creando nuova occupazione di qualità
 
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